In questo articolo Erica Semplici e Mattia Bulli ci parlano della tenosinovite stenosante dei flessori delle dita, comunemente nota come dito a scatto.
La tenosinovite stenosante dei flessori delle dita, comunemente conosciuta come dito a scatto, è una patologia infiammatoria che colpisce i tendini flessori delle dita e la guaina all’interno della quale scorrono i tendini stessi. Quando la guaina sinoviale che si trova sotto le teste dei metacarpi si infiamma, l’edema che si forma impedisce il corretto scorrimento del tendine. In questo caso, quando cerchiamo di estendere le dita dopo aver chiuso la mano a pugno, il tendine flessore rimane “incastrato” nella sua guaina e il dito rimane piegato, tornando poi ad estendersi completamente con uno scatto. Lo “sblocco” può essere doloroso e a volte il dito non riesce a tornare esteso se non con l’aiuto dell’altra mano. La diagnosi di questa patologia è principalmente clinica e si basa su questi segni e sintomi.
Il dito a scatto si può presentare in seguito ad altre patologie come il tunnel carpale e il diabete mellito, oppure può derivare dall’eccessiva ripetizione di determinati movimenti delle dita che sovraccaricano i tendini stessi (Vasiliadis et al, 2017). Tale patologia colpisce maggiormente le donne (rapporto maschio:femmina 1:2) in un’età compresa tra i 40-60 anni e le dita più interessate sembrano essere il pollice e l’anulare (da Silvera et al, 2019). I professionisti che svolgono lavori manuali o lavori pesanti sembrano essere i più esposti a tale patologia (Kasdan et al, 1996).
Trattandosi di una patologia infiammatoria, l’intervento è mirato a ridurre l’infiammazione. Per il trattamento del dito a scatto, le linee guida scientifiche si mostrano a favore dell’utilizzo di tutori termoplastici, all’utilizzo di farmaci (corticosteroidi) e all’intervento chirurgico (Bionka et al, 2014). Il riposo è la strategia più semplice da utilizzare e il tutore termoplastico ha lo scopo di mettere a riposo il tendine infiammato mantenendo l’articolazione metacarpo-falangea in posizione neutra e lasciando libere le altre due articolazioni, non limitando quindi la funzionalità del dito (Colbourn et al,2008). Cosi facendo, impediamo alla articolazione M-F di flettersi oltre i 90°, che causerebbe lo scatto nel seguente movimento di estensione del dito, alimentando l’edema infiammatorio. Ad esso possono essere associati gli ultrasuoni in acqua, il massaggio vibratorio locale, l’applicazione di ghiaccio locale e l’utilizzo di farmaci antinfiammatori, sempre con lo scopo di ridurre l’edema infiammatorio. Quando il trattamento conservativo fallisce, si interviene chirurgicamente tagliando la guaina infiammata, e in questo caso la fisioterapia sarà improntata nel ridurre l’edema post-chirurgico e a recuperare lo scorrimento tendineo. Fintanto che l’edema infiammatorio non si riduce, è importante evitare di flettere troppo le articolazioni.
I tempi di recupero sono dettati prevalentemente dalla gravità della condizione. Con entrambe le strategie di intervento, conservativo e chirurgico, le aspettative di recupero sono del 100%
Gli autori:
Erica Semplici
Coordinatore TDR
Coordinatrice della Riabilitazione dell’arto superiore, fisioterapista specializzata nelle patologie della mano, esegue tutori statici e dinamici e si occupa di trattamento riabilitativo conservativo e post-chirurgico.
Mattia Bulli
Fisioterapista
isioterapista laureato presso l’Università degli studi di Firenze. Inizia la sua formazione post-laurea con corsi di mobilizzazione fasciale, manipolazione vertebrale HVLA e trattamento delle patologie dell’arto superiore. Esegue trattamenti per le patologie e i disturbi che colpiscono il rachide, la spalla, il gomito e la mano.